Redazione / Approfondimento

BANCHE SOTTO PRESSIONE, ECCO I MOTIVI

Sell off che non risparmia nessuno sul settore bancario, sia in Europa che in America. L’asimmetria può tornare utile su alcuni Investment

Articolo del 13/03/2023 a cura della redazione

Caso isolato oppure rischio sistemico per tutte le banche? È questa la domanda fondamentale che circola tra gli operatori di mercato in questo confuso lunedì dopo il fallimento di Silicon Valley Bank, la sedicesima banca americana nonché uno dei maggiori finanziatori delle start-up californiane. Il fallimento di SVB è stato figlio di una sommatoria di fattori chiave che, cumulati, hanno portato al disastro: mismatch tra attività e passività della banca, mancanza di risk management (su tutto la mancata gestione del rischio tasso) e carenza di vigilanza sull’istituto bancario sono state le cause scatenanti del dissesto. Nel 2021 la banca aveva infatti accumulato grosse quantità di depositi a vista i quali erano stati investiti in bond governativi e mortgage backed securities a lunga scadenza nel momento in cui i tassi erano ai minimi storici, esponendosi così al duration risk in modo significativo: nel 2022 il sostenuto e continuato ritmo di rialzo dei tassi da parte della FED ha quindi impattato duramente sul suo attivo, con la banca che registrava nel bilancio di esercizio perdite potenziali sul portafoglio titoli per oltre 17 miliardi di dollari (superiori al proprio capitale sociale). Tale perdita non è tuttavia emersa immediatamente nel conto economico nella banca, con il 2022 che si chiudeva addirittura in utile per $1,6 mld; i nodi sono venuti al pettine soltanto quando i continui riscatti dei depositi hanno costretto SVB a liquidare un portafoglio di titoli da circa $26 mld, portando alla contabilizzazione definitiva della perdita. Il resto è storia recente, tra l’aumento di capitale fallito, la bank run e la liquidazione ufficializzata nella giornata di venerdì, mettendo così un grosso punto interrogativo sulle sorti dei correntisti oltre i 250 mila dollari (la maggior parte dei quali società della Silicon Valley), poi fugate dall’intervento riparatore della Federal Reserve, che ha annunciato che tutti i depositi presso la banca saranno garantiti, a prescindere dalla consistenza. A giocare un ruolo fondamentale nel crac SVB, oltre alla pessima gestione del rischio tasso, è stata certamente l’assenza di vigilanza, non rientrando SVB (per caratteristiche prettamente dimensionali) nel perimetro delle banche soggette ad un controllo più stretto da parte delle autorità americane, controllo che invece è ben presente per le grandi banche e per la gran parte delle banche europee.

LA SHORTLIST SUL SETTORE BANCARIO

Per chi volesse sfruttare la volatilità in rialzo sul settore bancario e finanziario, ovvero i ribassi di questi giorni per puntare a rendimenti più elevati rispetto a una manciata di giorni fa, si segnalano in modo particolare tre proposte selezionate dall’Ufficio Studi di Certificati e Derivati.

Partiamo da due proposte centrate totalmente sul comparto bancario.

La prima lega le proprie performance a 4 titoli di Piazza Affari, ovvero i principali player bancari italiani come Mediobanca, Banco BPM, Intesa Sanpaolo e UniCredit. Il certificato è un Cash Collect Memory Step Down firmato Vontobel (Isin DE000VU2HX35) che attualmente sta scambiando a 97,40 euro con worst of li titolo Mediobanca a -4,6% da strike. Si tratta di un certificato in grado di pagare premi mensili dell’1% con trigger pari al 50% (pari alla barriera capitale alla scadenza del 24 gennaio 2025)  e di rimborsare anticipatamente a partire da luglio prossimo con un trigger del 100% che andrà a decrescere con un ritmo del 5% ogni 6 rilevazioni. Scambiato a lungo ben sopra la parità, per la prima volta dall’emissione il certificato è scivolato sotto al nominale.

Rimanendo sul tema bancario non possiamo che citare anche il Phoenix Memory Step Down di Barclays (Isin XS2448756374) agganciato ad un basket di titoli bancari americani come Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan Chase e Citigroup. Il certificato si acquista attualmente a 96,5 euro e vede come worst of il titolo Goldman Sachs a -14% da strike. Il certificato prevede una scadenza fissata a dicembre 2024 e una barriera capitale al 60%, il tutto a fronte di premi mensili periodici dello 0,71% con trigger pari al 60%. Interessante il meccanismo di rimborso anticipato, con l’opzione autocallable che entrerà in gioco a partire dalla rilevazione di giugno con trigger già al di sotto dello strike. Si partirà infatti dal 95% per decrescere dell’1% di mese in mese. Elemento che accentua l’asimmetria e la resilienza dei prezzi del certificato anche di fronte a discese dei sottostanti.

Per sfruttare un recupero o anche solo una normalizzazione della pesante ondata di negatività, segnaliamo anche un certificato della nuova ed inedita serie di Switch to Protection di BNP Paribas. In particolare ci concentriamo sulla proposta agganciata a tre titoli del settore ovvero UniCredit, Intesa Sanpaolo e Nexi (Isin NLBNPIT1M9Q4). Attualmente il certificato gira a quota 97,7 euro contro un worst of a -12% (Nexi). Il certificato ha barriera capitale fissata al 60% e premi mensili dello 0,95%. La peculiarità risiede nel meccanismo Switch to Protection ovvero il prossimo febbraio 2024 se nessuno dei sottostanti ha mai quotato sotto il 70% del proprio valore iniziale, l’emissione si trasforma in un certificato a capitale protetto con cedole incondizionate.