Redazione / Approfondimento

Il certificato in cassaforte

Leonteq lancia i primi certificati con collaterale per ridurre al minimo il rischio emittente. Focus sul nuovo Equity Protection Autocallable su titoli italiani.

Articolo del 06/08/2018 a cura della redazione

Dopo le elezioni politiche italiane si è tornati a parlare di spread con il differenziale tra Titoli di Stato italiani e quelli tedeschi salito abbondantemente oltre la soglia di attenzione dei 200 punti base. I rendimenti in crescita delle emissioni governative hanno inciso in particolar modo sul settore bancario nazionale, che, complici anche le trimestrali bocciate dal mercato, ha perso rapidamente posizioni aumentando la percezione del rischio negli investitori.

Rischio che per il mondo dei certificati può essere percepito su due livelli, ossia quello azionario, tipicamente relativo al sottostante e quello emittente. Infatti, i certificati di investimento sono espressione del debito dell’emittente al pari delle obbligazioni senior e per questo soggetti alla solvibilità di chi li emette.

Per cercare di ovviare a entrambi i rischi, Leonteq ha portato in quotazione un nuovo Equity Protection Autocallable, Isin CH0423435368, che da una parte riduce al minimo il rischio azionario applicando al certificato una protezione incondizionata del 90% del capitale nominale a scadenza e dall’altra tenta di azzerare del tutto il rischio emittente, creando di fatto un collaterale che va risolvere, in particolare per la società di investimento svizzera, l’assenza di un rating bancario.

Più in particolare, Leonteq ha scelto di strutturare questo certificato con l’assistenza di un TCM, Triparty Collateral Managment, ovvero di un collaterale che consiste nel deposito a garanzia presso la Six Securities Services, di un controvalore pari al controvalore effettivo, calcolato giornalmente, del certificato al fine di attingere a questo in caso di default o insolvibilità dell’emittente per il rimborso agli investitori.

Passando invece alle caratteristiche del certificato, si tratta come detto di un classico Equity Protection con l’aggiunta dell’opzione autocallable, legato a un basket di titoli italiani quali Azimut, Generali, Intesa Sanpaolo e Unicredit. La durata complessiva dell’investimento è di tre anni al termine dei quali sono previsti due soli scenari: se il titolo con la performance più bassa sarà almeno pari al 95% dello strike verranno restituiti i 1000 euro nominali altrimenti, nel caso di un fixing finale inferiore, verranno restituiti 900 euro.

Nome Ticker Stirke 95% 90% Act % su Strike
GENERALI G IM 14,74 14,003 130266 14,94 1,36%
AZIMUT AZM IM 13,18 12,521 11,862 13,86 5,16%
INTESA SANPAOLO ISP IM 2,4465 2,3242 2,2019 2,445 -0,06%
UNICREDIT UCG IM 14,522 13,796 13,07 14,384 -0,95%

Il rendimento è dato invece da una cedola annua del 4% condizionata alla tenuta di un trigger posto al 90% dello strike. Pertanto se alle date di osservazione annue, di cui la prima al 26 luglio 2019, il worst of non avrà perso più del 10% del proprio valore di strike, verrà erogato un importo periodico del 4%. Va rilevato che anche nel caso di una rilevazione inferiore la cedola non andrà definitivamente persa grazie alla presenza dell’effetto memoria che ne consentirà il recupero in una data successiva.

Nelle stesse date è prevista inoltre la possibilità del rimborso anticipato che si attiverà qualora tutti i titoli si trovino a un livello non inferiore al 95% dello strike.

I sottostanti a 1 anno

Un certificato dedicato agli investitori che cercano protezione sotto ogni punto di vista. Da una parte una protezione del capitale che limiterà ad un massimo del 10% le perdite in conto capitale in caso di ribasso del sottostante e dall’altra il collaterale che garantirà il capitale investito qualora l’emittente risulti insolvibile. A fronte della doppia chiave con cui è stato blindato il certificato, il rendimento ammonta al 4% con un’unica soluzione di pagamento annuale.